“Alexa, accendi il televisore”, “Ok Google, meteo domani a Torino”, “Alexa, spegni le luci”: quanti di voi ogni giorno e per più volte al giorno pronunciano una di queste frasi o simili? Siamo convinti siate in tanti: quello appena fatto è infatti solo un esempio di come si possa utilizzare l’Intelligenza Artificiale all’interno delle mura domestiche.
Ma cosa succede se trasferiamo l’Intelligenza Artificiale nel mondo delle aziende e in particolare per quel che riguarda il mondo del lavoro e il recruitment?
In questo articolo cerchiamo di vedere i pro e i contro dell’uso dell’Intelligenza Artificiale cercando di capire se sono più i rischi o i benefici.
I motivi per cui un’impresa, piccola, media o grande che sia, possa avvalersi dell’Intelligenza Artificiale sono diversi.
Si può decidere di farlo per migliorare la relazione con il cliente. Come? Per esempio fornendo un sistema di assistenza 24 ore su 24 grazie ai chatbot che permettono al cliente di non sentirsi solo né durante il processo d’acquisto né una volta che si è concluso.
Questo potrebbe essere utile per dare risposte a domande semplici – come l’apertura del negozio o se una spedizione è avvenuta -, così come l’Intelligenza Artificiale potrebbe essere di supporto durante tutta la customer experience aiutando a scoprire nuovi modelli di ingaggio e anche per capire cosa invece non funziona e porta le persone, di contro, ad abbandonare il carrello.
L’Intelligenza Artificiale poi può servire a ridurre gli errori e a migliorare i processi, a proporre corsi di formazione ai dipendenti più adatti alle loro esigenze e tanto altro ancora. Ma soprattutto ha un ruolo tutt’altro che trascurabile nel recruiting.
Le opinioni in merito all’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale nell’assumere nuove persone sono spesso discordanti. Prima di analizzare i pro e i contro, bisogna capire anche di che tipo di uso stiamo parlando. Quando si parla di AI per il recruiting si intende innanzitutto la possibilità, tramite la tecnologia, di selezionare i candidati più adatti ai ruoli mancanti e automatizzare tutte le attività più ripetitive come lo screening dei CV, la lettura delle varie esperienze e così via. Inoltre, grazie a una tecnologia di AI come Inda, ci si può avvalere di funzionalità e tecniche come Information Extraction e CV Parsing che permettono di accelerare l’estrazione delle informazioni, automatizzare la compilazione dei form di candidatura e archiviare dati nel database.
L’Intelligenza Artificiale, infatti, riesce a distinguere strutture, testi, immagini e facilita l’analisi di dati anagrafici, professionali e di skill. Senza dimenticare poi, che grazie all’AI, si riducono i bias da cui talvolta siamo condizionati, si possono anonimizzare i CV e andare nella direzione del blind recruiting. L’AI nel recruiting può dunque servire ad automatizzare il processo, a migliorarlo in ogni sua fase, a garantire qualità nella selezione ai candidati ma anche all’azienda.
Porta dunque il recruiter a fare un lavoro migliore, ma senza rimpiazzarlo e soprattutto consente a questa importante figura di impiegare meno tempo in attività per le quali può ricevere un aiuto e finalizzare le varie fasi del processo.
Ma quali sono i vantaggi nell’utilizzare l’Intelligenza Artificiale? Vediamone alcuni.
Puntare sull’Intelligenza Artificiale vuol dire sicuramente favorire l’innovazione in azienda e utilizzare delle metodologie diverse per raccogliere i profili dei candidati, verificare il loro potenziale e soprattutto analizzare i dati di cui si è in possesso. Oltre che il cosiddetto grado di matching tra le caratteristiche della persona e la posizione che si vuole ricoprire.
Ma non solo in vista anche della vacancy, utilizzare l’AI vuol dire avere dei vantaggi rispetto ai concorrenti: la raccolta e l’analisi dei dati aiuta a capire come sta andando il mercato del lavoro, quali sono le competenze a disposizione, quali possono servire per crescere in futuro.
L’Intelligenza Artificiale, grazie a strumenti come la ricerca semantica, per esempio, facilita non poco il lavoro dell’HR e gli consente di lavorare anche sui candidati passivi, spesso difficili da monitorare perché di fatto non stanno cercando lavoro.
L’Intelligenza Artificiale può ridurre significativamente il tempo speso per trovare e reclutare i potenziali candidati.
Basti pensare per esempio alle ore passate su LinkedIn o a pubblicare offerte di lavoro su più siti o ancora a partecipare ai career day: con l’AI tutte queste attività, ovviamente validissime, possono essere automatizzate e con ottimi risultati.
Ma non solo: l’Intelligenza Artificiale aiuta anche nello screening, ordinando i CV ricevuti. I recruiter potranno dimenticare di analizzarli uno per uno, di rilevare quell’esperienza che sembra fare al caso delle selezione in corso e tanto altro ancora: con una tecnologia come Inda avranno un grande aiuto in tal senso e potranno dedicarsi a gestire meglio altre attività come il colloquio, a fare prove di selezione diverse dal solito o all’onboarding.
L’AI può poi essere un ottimo supporto per migliorare la comunicazione con i candidati. Prima abbiamo parlato di chatbot per il customer care, ma il loro uso è importante anche nel recruitment.
Pensa a chi si candida di notte o durante i giorni festivi e magari trova delle difficoltà durante il suo processo di application: in quel caso per sapere come procedere, deve aspettare il giorno dopo o inviare una mail che comunque verrà letta solo l’indomani. E questo potrebbe anche portarlo a desistere.
Con un chatbot invece il candidato ha un punto di riferimento: può fare domande a qualsiasi ora del giorno e della notte e ricevere risposte che possano essere esaustive. E quando non è così, un chatbot può comunque dare un’indicazione o fornire dei link che aiutino meglio a capire tutto il processo di selezione.
L’AI può collaborare anche in modo attivo, per esempio contattando i candidati per avere ulteriori informazioni e fissare eventualmente un colloquio. Così come li può aiutare a superare la selezione, dando loro consigli che possano essere messi subito in pratica.
Una collaborazione simile rende non solo il processo più fluido, ma anche più veloce e se ne avvantaggia tutta l’azienda.
Fin qui abbiamo parlato solo dei benefici, ma, come per ogni cosa, anche per l’AI ci possono essere dei contro sebbene di fatto si possano trasformare in delle buone opportunità.
Vediamo quali sono.
Questa è la domanda che si pone quasi ogni persona che lavora nel mondo delle Risorse Umane. Affidarsi a delle tecnologie che automatizzano il processo, di fatto vuol dire avere meno persone nei team HR?
La risposta è no: l’AI non può sostituirsi alle persone, ma può aiutarle a svolgere attività meno ripetitive, noiose e a farle dedicare a qualcosa in cui l’estro, l’empatia e l’ascolto possono fare la differenza. E queste sono qualità solo delle persone, non delle macchine. Cosa intendiamo?
Che se un HR si dedica meno a fare lo screening dei CV, a fissare gli eventuali colloqui, a verificare il matching tra il lavoro proposto e l’esperienza del candidato, di contro si può dedicare di più a capire come far crescere i team, come introdurre processi innovativi e pensare ad azioni che possano incrementare il benefit dei dipendenti.
L’AI dunque non ruba il lavoro, ma aiuta l’HR a dedicarsi a compiti più impegnativi e, in un mondo del lavoro così profondamente cambiato, a essere una funzione aziendale di grande importanza.
Un’altra questione che è sempre sul tavolo dell’uso dell’AI nel recruitment sono i bias. Se è vero che grazie all’Intelligenza Artificiale si può evitare il perpretarsi di alcuni bias cognitivi, è anche vero che a volte c’è il timore che la macchina apprenda un comportamento sbagliato e lo perpetui costantemente. Allo stesso tempo c’è da dire che questo succede davvero raramente e, quando succede, è comunque qualcosa che può essere corretto.
D’altra parte, come abbiamo detto, le macchine sono delle collaboratrici, ma è sempre l’HR che deve decidere come gestire il processo.
Tra i contro, c’è il fatto che con l’Intelligenza Artificiale si possa andare verso una “disumanizzazione del lavoro”. Ci si chiede: se tutto viene affidato alla tecnologia, che fine fanno le persone, i loro valori e modi di comportarsi empatici?
Ovviamente è una giusta domanda anche perché è vero che processo di recruitment potrebbe sembrare molto più impersonale e che, se si affida a degli algoritmi e dei chatbot la talent acquisition, si rischia di non avere un rapporto diretto con queste persone che probabilmente entreranno in azienda. E ancora: il timore è che gli stessi HR si possano sentire più distaccati e i candidati meno coinvolti. Questo è ovviamente un rischio, ma dipende da come chi lavora nelle Risorse Umane decide di utilizzare il tempo che risparmia. Se lo fa tenendo a mente le persone, il loro coinvolgimento nell’organizzazione, il migliorare i processi continuando comunque ad ascoltare i bisogni, allora potrà trarre il meglio dall’AI.
E quando è così, i pro sono decisamente molti di più dei contro.